Il ricino è un arbusto, neanche un albero: pieno di ambizioni e contraddizioni, ma niente più che un piccolo fusto quasi raso terra e rami in ordine sparso. Quel poco che è si fa grande, nel bene e nel male, dentro la storia. Il ricino è la prova dell’esistenza di un Dio onnivedente per il profeta Giona. Il ricino è l’infausto olio strumento di tortura del fascismo. A volte, però, queste sue proprietà diventano benefiche: il micidiale purgante aiuta, quando è il caso, ad allargare il canale di parto di una donna che sta per diventare madre e lo farà quasi ridendo, per merito del medicinale estratto dalla pianta. La storia, qui, parte da Ben Gurion che andava in spiaggia e si metteva a testa in giù perché, diceva, quella posizione era provvidenziale per mettere ordine ai pensieri. Su quella stessa spiaggia di Tel Aviv, secoli e millenni prima, ci piace immaginare il piccolo profeta biblico che arriva trafelato, in fuga dall’ordine di Dio che gli ha appena detto: vai in questa direzione, a fare il tuo lavoro di profeta. E lui niente, si mette a correre nella direzione opposta. E scappa, scappa dal destino sino a quando Dio non gli mette davanti una pianta di ricino.
Elena Loewenthal (Torino, 1960) lavora sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d’Israele. Scrive di saggistica e narrativa. Insegna presso lo IUSS di Pavia. Ha pubblicato: Attese (2004, finalista al premio Strega), Eva e le altre. Letture bibliche al femminile (2005), Conta le stelle, se puoi (Einaudi, 2008, premio Campiello - Selezione Giuria dei Letterati, premio Roma), Lo specchio coperto. Diario di un lutto (2015), Nessuno ritorna a Baghdad (2019), La carezza. Una storia perfetta (La nave di Teseo, 2020). Dal 2015 al 2017 è stata addetta culturale presso l’Ambasciata d’Italia in Israele. Dal febbraio 2020 è la direttrice della Fondazione Circolo dei Lettori di Torino. Collabora a “La Stampa” e a “Tuttolibri”.
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Il ricino è un arbusto, neanche un albero: pieno di ambizioni e contraddizioni, ma niente più che un piccolo fusto quasi raso terra e rami in ordine sparso. Quel poco che è si fa grande, nel bene e nel male, dentro la storia. Il ricino è la prova dell’esistenza di un Dio onnivedente per il profeta Giona. Il ricino è l’infausto olio strumento di tortura del fascismo. A volte, però, queste sue proprietà diventano benefiche: il micidiale purgante aiuta, quando è il caso, ad allargare il canale di parto di una donna che sta per diventare madre e lo farà quasi ridendo, per merito del medicinale estratto dalla pianta. La storia, qui, parte da Ben Gurion che andava in spiaggia e si metteva a testa in giù perché, diceva, quella posizione era provvidenziale per mettere ordine ai pensieri. Su quella stessa spiaggia di Tel Aviv, secoli e millenni prima, ci piace immaginare il piccolo profeta biblico che arriva trafelato, in fuga dall’ordine di Dio che gli ha appena detto: vai in questa direzione, a fare il tuo lavoro di profeta. E lui niente, si mette a correre nella direzione opposta. E scappa, scappa dal destino sino a quando Dio non gli mette davanti una pianta di ricino.
Elena Loewenthal (Torino, 1960) lavora sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d’Israele. Scrive di saggistica e narrativa. Insegna presso lo IUSS di Pavia. Ha pubblicato: Attese (2004, finalista al premio Strega), Eva e le altre. Letture bibliche al femminile (2005), Conta le stelle, se puoi (Einaudi, 2008, premio Campiello - Selezione Giuria dei Letterati, premio Roma), Lo specchio coperto. Diario di un lutto (2015), Nessuno ritorna a Baghdad (2019), La carezza. Una storia perfetta (La nave di Teseo, 2020). Dal 2015 al 2017 è stata addetta culturale presso l’Ambasciata d’Italia in Israele. Dal febbraio 2020 è la direttrice della Fondazione Circolo dei Lettori di Torino. Collabora a “La Stampa” e a “Tuttolibri”.
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