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Dalle rovine della storia, una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul senso del tempo.
Con 80 immagini, foto e riproduzioni di opere d'arte.

Dalle rovine della storia, una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul senso del tempo.
Con 80 immagini, foto e riproduzioni di opere d'arte.

Disponibilidad: Disponible
SKU: LIBSTEWART
ISBN/EAN: 9788855232036
 

Oggi, in quello che definiamo mondo civilizzato, l’uomo persegue spesso pratiche che minano i suoi valori. Sa perfettamente che deve prendersi cura delle risorse della terra ma continua ad adottare un sistema economico basato sulla “distruzione creativa”. Non solo si dedica a queste forme di sfacelo ma le ha anche rese protagoniste della sua tradizione artistica. La rappresentazione delle rovine sembra infatti suscitare un grande fascino nell’uomo fin da sempre: dalla storia della caduta di Troia alla “pornografia delle rovine” contemporanea, l’uomo è attratto dalla vista di ciò che è distrutto, danneggiato e decaduto. Coprendo una vasta gamma cronologica e geografica, dalle antiche iscrizioni egiziane ai memoriali del XX secolo, alla ricerca dell’impatto che le rovine hanno esercitato sulla storia dell’arte e della letteratura occidentali, Susan Stewart si è imbattuta sul rifiuto e la trasformazione della classicità da parte degli ambienti cristiani, sulla proliferazione di immagini di rovine nelle rappresentazioni allegoriche rinascimentali, su antichi siti di disastri e su giardini ornati con rovine artificiali. Le opere d’arte rivelano molto dell’atteggiamento che l’uomo assume nei confronti della materialità, perché rappresentano ciò che egli trova particolarmente attraente e richiedono discernimento e cura, e costituiscono la miglior riflessione che egli può produrre sui limiti e sulle possibilità del significato. Attraverso le immagini delle rovine, gli artisti e gli scrittori hanno infatti cercato di ripristinare principi morali e insegnamenti osservando la fragilità e l’inevitabile mortalità delle forme create con intenzione: Goethe, Piranesi, Blake e Wordsworth, ad esempio, hanno trovato nelle rovine un mezzo per reinventare la propria arte. In questa prospettiva, considerando l’era antropocentrica che stiamo vivendo, la natura non costituisce più lo scenario della creazione umana; piuttosto, il mondo degli uomini è diventato il teatro in cui si manifestano i fenomeni della natura. Forse, guardando al di là della dimensione del disastro che a tratti sembra inevitabile, potremmo scoprire in questa storia di rovine qualcosa di effimero – al tempo stesso bello e importante – che può guidarci verso la vita. Questa vita terrena di tempo e di processi naturali, il filo d’erba che si apre un varco nella pietra.

Traduzione a cura di Giovanna Mancini, con adattamento note di Paola Pizzoli.

“In questo libro scritto con eleganza e frutto di una ricerca approfondita, Susan Stewart, filologa e critica d’arte di grandissimo pregio, si chiede perché siamo così attratti da ciò che è decadente.” 
The New York Review of Books

“Stewart, poeta di spicco e docente di discipline umanistiche a Princeton, racconta la fascinazione dell’Occidente per i resti in rovina, dai reperti egizi ai monumenti contemporanei della distruzione e del trauma. Un libro scritto per chiunque ami la pittura, la letteratura e l’architettura.”
The Washington Post

“Questo libro ci racconta che non esiste un solo modo di osservare le rovine antiche e di rappresentare ciò che ne rimane.”          
London Review of Books

“Susan Stewart sostiene che l’impatto emotivo che viene dall’osservazione delle rovine sia un richiamo alla nostra stessa mortalità, poiché, a differenza di un cumulo di macerie, una rovina conserva ancora qualche traccia di ciò che era prima della sua caduta.”    
Los Angeles Review of Books

Susan Stewart (1952) insegna materie umanistiche alla Princeton University. Ex borsista MacArthur, è autrice di cinque studi critici, tra cui Poetry and the Fate of the Senses (2002), vincitore del Christian Gauss Award della Phi Beta Kappa Society e del Truman Capote Award. È inoltre autrice di cinque raccolte di poesie. Tra le più recenti Red Rover (2008) e Columbarium (2003), vincitrice del National Book Critics Circle Award, entrambe pubblicate dalla University of Chicago Press.

Scopri di più su Aboca Edizioni

 

Oggi, in quello che definiamo mondo civilizzato, l’uomo persegue spesso pratiche che minano i suoi valori. Sa perfettamente che deve prendersi cura delle risorse della terra ma continua ad adottare un sistema economico basato sulla “distruzione creativa”. Non solo si dedica a queste forme di sfacelo ma le ha anche rese protagoniste della sua tradizione artistica. La rappresentazione delle rovine sembra infatti suscitare un grande fascino nell’uomo fin da sempre: dalla storia della caduta di Troia alla “pornografia delle rovine” contemporanea, l’uomo è attratto dalla vista di ciò che è distrutto, danneggiato e decaduto. Coprendo una vasta gamma cronologica e geografica, dalle antiche iscrizioni egiziane ai memoriali del XX secolo, alla ricerca dell’impatto che le rovine hanno esercitato sulla storia dell’arte e della letteratura occidentali, Susan Stewart si è imbattuta sul rifiuto e la trasformazione della classicità da parte degli ambienti cristiani, sulla proliferazione di immagini di rovine nelle rappresentazioni allegoriche rinascimentali, su antichi siti di disastri e su giardini ornati con rovine artificiali. Le opere d’arte rivelano molto dell’atteggiamento che l’uomo assume nei confronti della materialità, perché rappresentano ciò che egli trova particolarmente attraente e richiedono discernimento e cura, e costituiscono la miglior riflessione che egli può produrre sui limiti e sulle possibilità del significato. Attraverso le immagini delle rovine, gli artisti e gli scrittori hanno infatti cercato di ripristinare principi morali e insegnamenti osservando la fragilità e l’inevitabile mortalità delle forme create con intenzione: Goethe, Piranesi, Blake e Wordsworth, ad esempio, hanno trovato nelle rovine un mezzo per reinventare la propria arte. In questa prospettiva, considerando l’era antropocentrica che stiamo vivendo, la natura non costituisce più lo scenario della creazione umana; piuttosto, il mondo degli uomini è diventato il teatro in cui si manifestano i fenomeni della natura. Forse, guardando al di là della dimensione del disastro che a tratti sembra inevitabile, potremmo scoprire in questa storia di rovine qualcosa di effimero – al tempo stesso bello e importante – che può guidarci verso la vita. Questa vita terrena di tempo e di processi naturali, il filo d’erba che si apre un varco nella pietra.

Traduzione a cura di Giovanna Mancini, con adattamento note di Paola Pizzoli.

“In questo libro scritto con eleganza e frutto di una ricerca approfondita, Susan Stewart, filologa e critica d’arte di grandissimo pregio, si chiede perché siamo così attratti da ciò che è decadente.” 
The New York Review of Books

“Stewart, poeta di spicco e docente di discipline umanistiche a Princeton, racconta la fascinazione dell’Occidente per i resti in rovina, dai reperti egizi ai monumenti contemporanei della distruzione e del trauma. Un libro scritto per chiunque ami la pittura, la letteratura e l’architettura.”
The Washington Post

“Questo libro ci racconta che non esiste un solo modo di osservare le rovine antiche e di rappresentare ciò che ne rimane.”          
London Review of Books

“Susan Stewart sostiene che l’impatto emotivo che viene dall’osservazione delle rovine sia un richiamo alla nostra stessa mortalità, poiché, a differenza di un cumulo di macerie, una rovina conserva ancora qualche traccia di ciò che era prima della sua caduta.”    
Los Angeles Review of Books

Susan Stewart (1952) insegna materie umanistiche alla Princeton University. Ex borsista MacArthur, è autrice di cinque studi critici, tra cui Poetry and the Fate of the Senses (2002), vincitore del Christian Gauss Award della Phi Beta Kappa Society e del Truman Capote Award. È inoltre autrice di cinque raccolte di poesie. Tra le più recenti Red Rover (2008) e Columbarium (2003), vincitrice del National Book Critics Circle Award, entrambe pubblicate dalla University of Chicago Press.

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Anno di pubblicazione: 2025
Formato: cm 15 x 22,5
Pag. 560
Lingua: italiano

Anno di pubblicazione: 2025
Formato: cm 15 x 22,5
Pag. 560
Lingua: italiano

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